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La chiesa di San Domenico Maggiore, una delle più ricche ed importanti della città, fu voluta da Carlo II d’Angiò ed eretta tra il 1283 e il 1324 in forme gotiche, divenendo la casa madre dei Domenicani nel regno di Napoli. Sulla piazza prospetta l’alta abside poligonale della chiesa e, sulla sinistra, al culmine dell’ampia scalinata, la facciata della chiesa antica di Sant’Angelo a Morfisa, inglobata nella basilica, con l’elegante portale quattrocentesco. L’ingresso principale della chiesa di San Domenico Maggiore fa da quinta al cortile interno di un palazzo prospiciente il vico San Domenico e conserva il portale trecentesco a fasce marmoree policrome stretto tra due cappelle rinascimentali e coperto da un pronao settecentesco. Le originarie forme gotiche andarono perdute nei rifacimenti barocchi del seicento e si tentò di ripristinarle con i restauri ottocenteschi di Federico Travaglini. L’interno conserva l’impianto trecentesco a croce latina, a tre navate con cappelle lungo le navate stesse e ai lati del presbiterio. La II cappella a destra presenta larga parte degli affreschi con “Storie di San Giovanni Evangelista, Sant’Andrea e Maria Maddalena” eseguiti per volere della famiglia Brancaccio dal pittore romano, di cultura giottesca, Pietro Cavallini, nel 1308-9, da pochi anni ritornati alla luce. Dalla VII cappella destra si passa nel Cappellone del Crocifisso al cui altare principale è un “Crocifisso” su tavola della metà del duecento che la leggenda vuole abbia parlato a San Tommaso D’Aquino. Lungo la parete sinistra si apre la cappella dei Carafa, conti di Ruvo, con statue del presepio di Pietro Belvedere, degli inizi del cinquecento, e nei pennacchi le contemporanee figure dei “Profeti” e il loggiato in prospettiva della volta, opere ad affresco di Pedro Fernandez. Ritornati nella navata, si incontra, sulla destra, il vano d’accesso alla Sagrestia, ampio locale affrescato nella volta da Francesco Solimena con il “Trionfo dell’ordine domenicano” e circondato da un ballatoio con armadi sui quali sono disposte, in due ordini, 45 casse ricoperte di velluto contenenti i resti di illustri personaggi legati alla corona d’Aragona. L’altare maggiore a intarsi marmorei è opera di Cosimo Fanzago, ma, danneggiato dal terremoto del 1688, fu restaurato nel 1695. La I cappella a sinista del presbiterio conserva la “Flagellazione” di Andrea Vaccaro, copia del dipinto di Caravaggio. Alla testata del transetto sinistro la cappella che vi si apre ospitava l’ “Annunciazione” di Tiziano. Particolare menzione meritano i monumenti funebri e glialtari scolpiti che arricchiscono la chiesa facendo di San Domenico Maggiore un vero e proprio museo della scultura napoletana del cinquecento. Al centro della piazza si eleva una guglia sormontata dalla statua bronzea di S.Domenico che, voluta dal popolo per la peste del 1656, fu iniziata nel 1658 e terminata solo nel 1737. Dopo aver deliziato gli occhi ci possiamo anche concedere un peccato di gola, facendo tappa nella rinomata pasticceria di Scaturchio, per deliziare anche il palato con il tipico dolce napoletano, la Sfogliatella, o per una semplice sosta ristoratrice prima di proseguire il nostro cammino nel cuore di Napoli
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