La fondazione del convento e della chiesa di Santa Maria Regina Coeli si deve alle monache lateranensi agostiniane che, dopo aver abbandonato nel 1560 il loro originario monastero di Vico Carboni, decisero di trasferirsi nel palazzo, un tempo dimora del duca di Montalto, situato con il suo vasto giardino nella piazza di Santa Maria delle Grazie, sulla collina di Caponapoli. Il monastero, oggi Opera Pia Casa di Regina Coeli, sorge sulla parte più antica del Centro Storico é situato quasi alla sommità della collina di S. Aniello a Caponapoli e ha accesso da Vico S. Gaudioso. Lunghi ed incessanti furono i lavori di trasformazione dell’antico edificio per la creazione della chiesa e del convento, a testimonianza sia della notevole capacità finanziaria delle monache, sia della sicurezza del gusto della loro committenza artistica. La chiesa affaccia su Largo Regina Coeli (anticamente noto come Capo de Trio) Progettista della fabbrica fu probabilmente Giovan Francesco de Palma, detto il Mormando; tale ipotesi è supportata dalle forti affinità architettoniche e stilistiche che questo complesso monastico presenta con quello di poco antecedente di Monteverginella. La fabbrica fu terminata ad opera dell’architetto capomastro Luciano Quaranta tra il 1590 e il 1594. Tuttavia, è alla metà del Seicento che risalgono gli interventi più significativi che ne determinarono l’aspetto attuale: nel 1634 fu realizzato il cassettonato ligneo, dorato nel 1650; nel 1652 si ebbe la sistemazione dell’altare maggiore e nel 1682 si realizzò, su disegno di Francesco Antonio Picchiatti, il bellissimo chiostro su cui prospettano gli ambienti conventuali. Negli anni successivi, l’intervento più rilevante fu nel 1778 la copertura con stucchi e marmi dei pilastri della navata e della tribuna, che conferisce una singolare vivacità cromatica a tutta la chiesa. Nel 1808 il convento fu incamerato nei beni demaniali e le monache furono allontanate; soltanto per volere di Murat, nel 1811, fu affidato all’Istituto delle Suore della Carità, che ancor oggi lo occupano. Alla chiesa si accede attraverso un pronao con tre arcate a tutto sesto, la cui volta a crociera è interamente affrescata con paesaggi e motivi decorativi che, tradizionalmente assegnati al pittore fiammingo Paolo Brill, sono stati di recente attribuiti a Loise Croys, seguace del Brill, il quale aveva realizzato nel 1594 gli affreschi della tribuna della stessa chiesa, in seguito ricoperti. La chiesa ha navata unica e cappelle laterali (cinque sul lato sinistro e quattro sul destro), non ha transetto e la navata termina con un’ampia tribuna. La copertura della navata è a capriate lignee e conserva l’assetto originale; tuttavia il cassettone ligneo dorato ed intagliato copre la vista dell’antica copertura. Il disegno della soffittatura è di Piero De Marino, ma l’esecuzione spetta ad abili artigiani locali del XVII sec. Il bel soffitto racchiude tre grandi tele ad olio del pittore manierista Massimo Stanzione che raffigurano l’Annunciazione(1640), la Natività(1645), l’Incoronazione della Vergine(1647). Tra i finestroni vi sono 14 medaglioni che racchiudono in grosse cornici di stucco tele ad olio raffiguranti santi; tra questi a destra dall’ingresso si osserva di Domenico Gargiulo S. Benedetto II papa firmato e datato1664; di Luca Giordano S.Gelasio I papa firmato e datato 1664, mentre sulla sinistra S. Onorio papa di Domenico Gargiulo, S. Zaccaria, S. Gregorio II di Luca Giordano, anche queste tele datate 1664. Sugli archi delle cappelle 20 tele ad olio rappresentano 18 virtù e 2 profeti, tutte attribuite a Domenico Gargiulo. Di Luca Giordano, oltre ai tre dipinti nella cappella dedicata a sant’Agostino, restano le due magnifiche tele nella cappella del Crocifisso, La salita al Calvario, Cristo inchiodato alla croce entrambe del 1680. Nella sagrestia ha posto la Deposizione, firmata da Filippo Vitale e databile tra 1635-40.